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Aurora magazine

Addio menopausa? Arriva un trattamento per ringiovanire le ovaie

Un team della Clinica Genesis di Atene ha creato un trattamento per ringiovanire le ovaie delle donne in menopausa. Secondo quanto riportato dai medici, la terapia sperimentale avrebbe già avuto successo su due donne. Se la notizia trovasse ulteriori conferme, si potrebbe dire addio alla menopausa.

I medici hanno prelevato il sangue da donne sterili o in menopausa, quindi lo hanno centrifugato. In questo modo hanno messo da parte i globuli rossi e ottenuto il plasma. Il plasma è la base del sangue e contiene un gran numero di piastrine. I dottori hanno iniettato questo plasma direttamente in utero e ovaie, imitando un trattamento già usato per le lesioni tendinee. Kostantinos Sfakianoudis, a capo del team, ha applicato il trattamento a 180 donne.

Il trattamento avrebbe funzionato su una quarantenne tedesca con problemi di fertilità. Aveva tentato 6 volte la fecondazione assistita, senza risultati. Dopo essersi sottoposta al trattamento, ha fatto il settimo tentativo e questa volta ha concepito. Al momento, è al 5° mese di gravidanza. Un altro caso positivo presentato è quello di un'olandese affetta da menopausa precoce. Dopo il trattamento, il ciclo è ricominciato ed è rimasta incinta con la fecondazione assistita. Purtroppo la gravidanza si è interrotta con un aborto spontaneo. Nel corso della gestazione è importante sottoporsi ad esami di screening prenatale non invasivi come il test DNA fetale.

È ancora presto per mettere la parola fine alla menopausa. Saranno necessari altri casi che confermino la bontà del trattamento e ulteriori studi. Se i nuovi trial avessero successo, però, si avrebbe una terapia ideale per le donne con problemi di menopausa precoce.

Fonte: ansa.it

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Scoperto un gene che provoca infertilità femminile

I ricercatori del Baylor College of Medicine, del Texas Children's Hospital e della Rice University hanno scoperto una nuova possibile causa di infertilità femminile. La colpa sarebbe di una mutazione dei geni NLRP2 e NLRP7. La mutazione provocherebbe uno sviluppo anomalo della placenta e la perdita dell'embrione, anche in caso di fecondazione in vitro. La scoperta darà una risposta a tante donne che non riescono ad avere un figlio e che non ne conosco il motivo.

Secondo gli esperti, nel caso del 10-15% delle coppie infertili la causa è sconosciuta. Lo stesso vale per il 50% delle donne con aborti spontanei ricorrenti. Le mutazioni dei geni NLRP2 e NLRP7 sono innocue per lo sviluppo fisico e mentale, quindi passano inosservate. I modelli animali ne rivelano però il ruolo nel meccanismo riproduttivo.

I ricercatori hanno esaminato il gene Nlrp2, il corrispettivo murino dei geni NLRP2 e NLRP7. I maschi privi del gene non hanno mostrato nessun problema in assoluto. Le femmine prive del gene erano del tutto normali dal punto di vista fisico e cognitivo. I problemi emergevano solo al momento dell'accoppiamento, che aveva tre esiti: alcune femmine non rimanevano gravide; alcune davano alla luce cuccioli nati morti e con anomalie; alcune partorivano pochi cuccioli per volta. I piccoli dell'ultimo gruppo risultavano spesso troppo grandi o troppo piccoli rispetto alla media.

La metilazione di alcuni geni avviene quando la madre li trasmette al figlio. Nelle femmine prive del gene Nlrp2, il processo è assente. Ne deriva che manca parte della piccola modificazione chimica del DNA che serve per controllare l'espressione dei geni dell'embrione. Secondo i ricercatori, le proteine Nlrp2 sono in gran parte esterne ai nuclei delle cellule e fanno parte del complesso sottocorticale materno. Il complesso è a propria volta parte dell'insieme di proteine e molecole nell'ovulo che lo preparano alla fecondazione.

Quando il gene Nlrp2 manca o è inattivo, il complesso sottocorticale non si forma e la metilazione del DNA del feto fallisce. Il fenomeno rende improbabile non solo il concepimento naturale, ma anche la fecondazione in vitro. In questi casi, infatti, l'embrione non si sviluppa e non attecchisce nell'utero. Ciò potrebbe spiegare molti fallimenti della procedura altrimenti difficili da comprendere.

Fonte: bcm.edu

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Primi successi nell'editing genetico di embrioni umani

Un team della Guangzhou Medical University e dello State Key Laboratory of Proteomics ha usato la tecnica di editing genetico CRISPR-Cas9 su embrioni umani. Il successo è per il momento parziale, ma segna una svolta nella ricerca. È infatti la prima volta che degli scienziati usano l'editing genetico su cellule uovo normali.

Fino a oggi tutti i tentativi di editing genetico erano stati condotti su embrioni che non si sarebbero mai potuti sviluppare. In questi casi, la correzione aveva successo solo in 1 cellula su 10. I ricercatori cinesi hanno invece usato la tecnica su cellule uomo normali, fecondate con sperma affetto da due mutazioni genetiche. In 3 casi hanno avuto successo, mentre negli altri hanno eliminato la mutazione solo in parte.

La prima mutazione usata per i test era la G1376T, presente nel gene per l'enzima G6PD. L'anomalia provoca una forma di anemia emolitica molto diffusa in Cina. Grazie alla CRISPR, i ricercatori hanno rimosso completamente l'anomalia in 2 embrioni, parzialmente in 1 e per niente nell'ultimo. La seconda mutazione era invece la Beta41-42, causa della beta-talassemia. In questo caso, gli scienziati hanno ottenuto 1 embrione privo dell'anomalia, 2 embrioni a mosaico e 1 embrione malato.

Nel caso di alcuni tipi di patologie genetiche, il mosaicismo potrebbe bastare ad avere un individuo sano. Ad esempio, le malattie metaboliche del fegato richiedono solo il 20% di cellule sane perché l'organismo funzioni in maniera normale. Alcuni scienziati ipotizzano però che sia evitabile modificando il genoma di spermatozoi e ovuli prima della fecondazione in vitro.

Nonostante i risultati siano preziosi per la ricerca, sarà necessaria ancora molta strada prima dell'uso clinico della CRISPR. Oggi i test del DNA fetale consentono di individuare eventuali malattie genetiche nelle primissime settimane di gravidanza. Nel caso di malattie ereditarie e molto gravi, i test genetici preimpianto permettono addirittura di selezionare solo gli embrioni sani. Per il momento, questa rimane l'unica strada possibile in molti casi.

Fonte: lescienze.it

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Nuova vita agli spermatozoi: svolta per la fertilità maschile

Da oggi è possibile dare nuova vita agli spermatozoi, ripristinando l’interruttore della fertilità maschile. I ricercatori delle Università del Qatar e di Cardiff hanno riattivato la funzione della proteina PLC-zeta presente negli spermatozoi. Le mutazioni in questa proteina possono minare al funzionamento dei gameti maschili e provocare infertilità. Iniettandone una dose aggiuntiva nell’ovulo fecondato, sarebbe però possibile ovviare al problema. La scoperta potrebbe aprire nuove strade per quanto riguarda la diagnosi e il trattamento di alcune forme di infertilità maschile.

Saranno necessari altri test, ma lo studio potrebbe trovare presto applicazione in ambito clinico. Sarebbe un valido supporto alle attuali tecniche di fecondazione in vitro. Aiuterebbe infatti a ripristinare l’attivazione dell’ovulo, almeno nei casi in cui il fallimento sia dovuto dalla carenza di PLC-zeta. Un modo per dare una nuova speranza a molte coppie che non riescono ad avere figli.

Come funziona esattamente la nuova tecnica? Quando lo spermatozoo penetra nell’ovulo, vi inietta un enzima che provoca delle oscillazioni nella quantità di calcio. In questa fase si ha un picchio ogni due minuti e nell’arco di due ore il processo fa partire lo sviluppo dell’ovulo. Lo studio mostra che la mutazione di PLC-zeta blocca le oscillazioni dei livelli di calcio. Per questo motivo l’attivazione rimane in sospeso e la fecondazione fallisce.

Il prossimo passo è verificare se l’ovulo contenga dei recettori che si legano a PLC-zeta. Se così fosse, anche questi potrebbero essere coinvolti nella mancata fecondazione. Si riuscirebbero così a spiegare alcuni casi di infertilità femminile oggi incomprensibili.

Fonte: ansa.it

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