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Aurora magazine

La follistatina aiuta l’impianto dell’embrione

I ricercatori del Baylor College of Medicine hanno mostrato che la follistatina ha un ruolo chiave nell’impianto dell’embrione. Hanno così identificato un nuovo elemento della fertilità femminile. Lo studio ha aiutato a comprendere meglio come funziona l’impianto in utero e perché talvolta non riesce. Consentirà inoltre di alzare il tasso di successo delle tecnologie di riproduzione assistita.

L’impianto dell’embrione nell’utero è un processo che richiede un’alta coordinazione. Coinvolge un gran numero di proteine, necessarie per far comunicare embrione e madre tra loro. Quando la comunicazione fallisce, l’embrione non si attacca all’utero e il suo sviluppo si blocca.

I meccanismi dietro all’impianto dell’embrione hanno destato l’interesse di molti ricercatori, specie tra quelli impegnati nella fecondazione assistita. Il mancato impianto è infatti la causa di buona parte dei fallimenti nella fecondazione in vitro. Capire perché questo capiti è l’unico modo per aumentare i successi.

Era già noto che la proteina follistatina aumenta la ricettività dell’utero nei confronti dell’embrione. Serve infatti per la decidualizzazione dell'endometrio, l’insieme di processi che rendono l’utero atto alla gravidanza. Quando si verifica la decidualizzazione, i livelli di follistatina si alzano. I ricercatori hanno però notato che i livelli si alzano ancora prima, durante l’impianto. Hanno quindi creato dei modelli animali privi di follistatina e ne hanno misurato la fertilità.

Le femmine prive di follistatina hanno dato alla luce meno piccoli e meno spesso. Le osservazioni hanno mostrato che gli embrioni non si attaccavano agli uteri di queste cavie, scivolando via. La carenza potrebbe quindi stare dietro al fallimento di molti impianti nell’essere umano. Secondo i ricercatori, questa potrebbe essere la chiave per migliorare le possibilità di successo delle procedure di fecondazione assistita.

Fonte: bcm.edu

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I bambini nati da fecondazione assistita non sono meno intelligenti di quelli concepiti naturalmente

Le tecniche di fecondazione assistita hanno aiutato migliaia di coppie a concepire. I test di screening prenatale, dal canto loro, forniscono informazioni sulla salute del feto. Ciononostante, secondo alcune ricerche la fecondazione assistita sarebbe dannosa per le capacità cognitive del bambino. Uno studio del team della dottoressa Melissa Mills dell'Università di Oxford smentisce questa teoria.

I ricercatori sono partiti dai dati del Millennium Cohort Study. Lo studio segue ad oggi oltre 18.500 bambini, nati nel Regno Unito tra il 2000 e il 2001. I ricercatori hanno sottoposto i bambini a test cognitivi tra i 3 e gli 11 anni. Tra questi c'erano anche 125 bambini nati da fecondazione in vitro e 61 da iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo.

I bambini tra i 3 e i 5 anni nati da fecondazione assistita hanno ottenuto voti più alti nei test cognitivi. I voti si sono normalizzati intorno agli 11 anni, rimanendo comunque poco sopra la media dei coetanei. Ciò significa che la modalità di concepimento non influenza il livello intellettivo di base del bambino.

Ciò che influisce di più sulle abilità intellettive è il background familiare. Chi ricorre alla IVF ha spesso un livello di educazione alto ed è più maturo di chi concepisce naturalmente. Questo si ripercuote anche sull'educazione del bambino. Probabilmente questo spiega i risultati mediamente più positivi dei bambini figli della fecondazione assistita.

Fonte: medicaldaily.com

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Nasce prima cucciolata sana da spermatozoi conservati nello spazio

Un team giapponese ha mandato spermatozoi disidratati di topo nella Stazione spaziale internazionale. Dopo 9 mesi, li ha usati per fecondare alcuni ovuli ottenendo una cucciolata in perfetta salute. I topolini non mostrano anomalie genetiche né malattie di rilievo, risultato tutt’altro che scontato. Lo spazio è infatti ricco di radiazioni, che potrebbero danneggiare l’apparato riproduttivo di animali ed esseri umani.

I ricercatori hanno disidratato e congelato i campioni di sperma di topo, dopodiché li hanno spediti nello spazio per 288 giorni. Questo è avvenuto tra agosto 2013 e maggio 2014. I campioni sono quindi rientrati e gli studiosi li hanno confrontati con spermatozoi conservati in condizioni simili, ma sulla terra. Gli spermatozoi spaziali mostravano comprensibilmente un numero di danni al carico del DNA maggiore.

Gli autori dello studio hanno usato gli spermatozoi dei due gruppi per la fecondazione in vitro. Gli embrioni così ottenuti sono stati impiantati in alcune femmine, affinché portassero a termine la gravidanza. I tassi di natalità dei due gruppi sono risultati simili. I ricercatori hanno quindi eseguito analisi del DNA sui piccoli: i cuccioli nati dagli spermatozoi spaziali hanno rivelato differenze minime. Una volta adulti, i topolini hanno generato senza problemi e i loro piccoli sono risultati sani.

I risultati indicano che i danni al DNA negli spermatozoi sono stati riparati nel corso della fecondazione, quasi senza lasciare traccia. L’applicazione è però per il momento fantascientifica: lo studio mira infatti ad analizzare le eventuali conseguenze di una colonizzazione nello spazio.

Fonte: lescienze.it

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Ovaie ringiovanite grazie al trapianto di cellule staminali?

Continuano i tentativi di eliminare gli effetti della menopausa precoce. I ricercatori dell'Università Shanghai Jiao Tong hanno restituito la fertilità ad alcune cavie. Hanno trapiantato cellule staminali di una cavia fertile in un'altra colpita dal declino prematuro delle ovaie. Dopo 2 mesi, le femmine di topo così trattate hanno dato alla luce dei piccoli sani e privi di malformazioni genetiche. Il prossimo passo sarà verificare se un trattamento del genere sia applicabile all'essere umano.

La menopausa precoce prevede la perdita delle normali funzioni delle ovaie. Gli organi smettono di rilasciare gli ovuli prima dei 40 anni, determinando la perdita della fertilità. La condizione è rara e al momento incurabile. La si può trattare con gli ormoni, onde evitare le conseguenze più gravi per la salute. Molti scienziati stanno però studiando come usare le cellule staminali per rigenerare i tessuti. In questo modo sarebbe possibile ripristinare la fertilità perduta.

Nello studio in questione, i ricercatori hanno isolato e caratterizzato delle cellule staminali germinali. Le staminali provenivano da una cavia transgenica, con cellule fluorescenti se esposte a un laser blu. Ciò ha consentito ai ricercatori di analizzare le cellule staminali trapiantate nelle ovaie del soggetto sterile.

Le cellule staminali trapiantate si sono impiantate nel tessuto e si sono differenziate in ovociti. I nuovi ovociti hanno impiegato qualche settimana per maturare e hanno consentito il concepimento nel giro di 2 mesi. Tutto il processo di sviluppo si è svolto in maniera simile a quello naturale.

Saranno necessari ulteriori studi per verificare la sicurezza del trattamento e la sua applicabilità sull'uomo. Se però i risultati fossero nuovamente positivi, si avrebbe un nuovo approccio per combattere un tipo di infertilità femminile.

Fonte: cellpress.com

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