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Aurora magazine

Vaccinarsi contro la celiachia

Alcune infezioni dell’intestino aumenterebbero il rischio di celiachia. La teoria nasce più di dieci anni fa e trova conferma nello studio di un team di ricercatori, di cui tre dell’Università Federico II di Napoli. Secondo lo studio, un vaccino somministrato entro i tre mesi di vita ridurrebbe il rischio di celiachia.

La celiachia è una forma di intolleranza al glutine. La predisposizione è genetica, ma pare che il fattore scatenante siano le infezioni virali. Gli studiosi hanno analizzato le biopsie di centocinquanta pazienti celiaci, confrontandole con un gruppo di controllo. È emerso che i pazienti celiaci hanno sofferto di un’infezione intestinale, di cui si può trovare traccia nel loro sistema immunitario.

Lo studio fa riferimento in particolare alle infezioni da norovirus, reovirus o rotavirus. Nelle persone predisposte geneticamente, le infezioni aumenterebbero la sensibilità delle cellule dendritiche, rendendole più vulnerabili all’azione del glutine. Ciò causerebbe l’attivazione dei linfociti T, con conseguente risposta violenza del sistema immunitario contro il glutine.

Il rotavirus è una delle cause principali della gastroenterite virale fino ai cinque anni. Lo trasmettono acqua e oggetti infetti, in particolare frutta e verdura cruda. La buona notizia è che esiste un vaccino contro il rotavirus. Per prevenire l’infezione da rotavirus, con conseguente insorgere della celiachia nei soggetti predisposti, basterebbe vaccinare i bambini intorno ai tre mesi. Per il momento la vaccinazione è però diffusa solo in alcuni paesi europei, mentre ha trovato scarsa diffusione in Italia.

Fonte: lastampa.it

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Nuovo trattamento genico contro l’ADA-SCID

Fondazione Telethon, ospedale S. Raffaele e industria GSK hanno elaborato un nuovo trattamento contro l’ADA-SCID, una rara immunodeficienza ereditaria.

La patologia rende chi ne è affetto preda di virus e batteri, costringendolo a una vita in isolamento. Il trattamento modifica le cellule staminali del paziente, correggendo il sistema immunitario. Lo stesso metodo potrebbe essere usato per molte altre patologie.

Il trattamento genico prevede un farmaco a base di cellule staminali del paziente stesso. Le cellule sono modificate in modo da trasmettere una versione riveduta del gene della malattia. Una volta infuse, le nuove istruzioni genetiche riportano il sistema immunitario all’ordine. In maniera definitiva, si pensa. Per il momento il trattamento è stato applicato a 13 bambini provenienti da tutta Europa, ma si mira a espandere il trattamento in tutto il mondo.

L’ADA-SCID è una malattia genetica provocata da un’anomalia genetica ereditata da entrambi i genitori. L’organismo smette di produrre l’adenosina deaminasi, una proteina essenziale per la produzione di linfociti. Senza linfociti, il corpo è vulnerabile all’attacco di qualsiasi agente esterno. Questo costringe il bambino a vivere in una bolla di vetro e fino a oggi mancavano trattamenti efficaci. L’unico trattamento, non risolutivo, era il trapianto di midollo. Si spera che adesso le cose cambieranno.

Fonte: corriere.it

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Autismo: la causa non sta solo nel cervello

Un gruppo di ricerca della Harvard Medical School e dello Howard Hughes Medical Institute ha individuato nuove possibili cause dell’autismo. Secondo lo studio, i disturbi potrebbero essere collegati ad anomalie del sistema nervoso sensoriale periferico.

Gli studiosi hanno studiato su modelli animali le singole mutazioni geniche ricollegabili all’autismo. Hanno in questo modo individuato gli effetti delle diverse anomalie, delineando un quadro ancora più complesso. Si sono concentrati in particolare sui geni Mecp2 e GABRB3, entrambi essenziali affinché le cellule nervose funzionino. Studi precedenti avevano già collegato problemi di efficienza delle sinapsi ad anomalie in questi geni.

I ricercatori hanno limitato gli effetti delle mutazioni solo ai nervi sensoriali periferici delle cavie. Hanno quindi misurato le reazioni ai diversi stimoli. È emerso che le cavie non erano più in grado di discriminare i diversi tipi di contatto. Avevano inoltre sviluppato una ipersensibilità a qualsiasi stimolo tattile, che provocava a propria volta un aumento dell’ansia. Gli animali tendevano quindi a evitare il contatto con gli altri animali.

La scoperta dimostra che alla base dell’autismo ci potrebbe essere anche una disfunzione tattile. Il senso del tatto è infatti fondamentale nelle interazioni con il prossimo. Delle anomalie nel mondo in cui viene percepito il tocco esterno potrebbero facilitare i deficit comportamentali.

Fonte: lescienze.it

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Nuova campagna social contro le Immunodeficienze Primitive

L’Associazione Immunodeficienze Primitive patrocina la nuova campagna social #ciaksivivebene contro le Immunodeficienze Primitive. Lo scopo è sensibilizzare l’opinione pubblica sulle difficoltà nella diagnosi.

Nel mondo ci sono oltre 6 milioni di persone affette da forme di immunodeficienza primitiva, molti dei quali non diagnosticati. Se la malattia viene individuata per tempo, una terapia adeguata può migliorare di molto la qualità della vita della persona. Purtroppo ad oggi il ritardo diagnostico può essere anche di 20 anni, con danni irreversibili per la salute.

Secondo Alessandro Segato, Presidente AIP Onlus, basterebbe pochissimo per arginare i ritardi diagnostici. Manca infatti una corretta comunicazione della sintomatologia dell’immunodeficienza primitiva, che chiarisca quali sono le potenziali spie di allarme. Una maggiore informazione risparmierebbe a molte persone anni di paura e di ospedali.

La campagna social #ciaksivivebene dà voce ai malati, che raccontano di come una corretta diagnosi abbia cambiato loro la vita. La pagina Facebook e il sito dell’associazione spiegano inoltre quali sono i 10 campanelli di allarme, sia negli adulti e nei bambini. Identificare in fretta questi sintomi può portare a un trattamento ancora più tempestivo ed efficace.

Fonte: osservatoriomalattierare.it

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