La recente scoperta – pubblicata su “Nature” – è opera di un team di studiosi dell’Istituto Telethon di Pozzuoli. La ricerca potrebbe aprire la strada alla sperimentazione di farmaci per il trattamento delle patologie dello scheletro.
Il gruppo di ricerca dell’Istituto Telethon di Pozzuoli (presieduto da Carmine Settembre) ha studiato per la prima volta il meccanismo biologico dell’“autofagia”, responsabile della crescita delle ossa e importantissimo per il corretto funzionamento di molti tessuti del nostro corpo. Sono stati così scoperti quali fattori influenzano l’autofagia nel corso dell’accrescimento scheletrico: un risultato che potrebbe rivoluzionare il campo della sperimentazione di farmaci per il trattamento delle malattie dello scheletro, tra cui vi è anche l’acondroplasia, una patologia genetica rara che porta al nanismo.
Il corretto sviluppo delle ossa è un elemento imprescindibile affinché l’organismo possa funzionare al meglio; le problematiche che impediscono una crescita normale sono legate al cattivo funzionamento dei regolatori biologici del corretto sviluppo scheletrico, chiamati “FGF”. Studiando questi fenomeni, il team di Telethon ha realizzato per la prima volta che questi elementi sono in grado di regolare l’autofagia nelle cellule che presiedono lo sviluppo delle ossa, i condrociti. L’autofagia è il processo biologico che consente la conservazione di tutti i tessuti del nostro corpo, regolando la degradazione di alcune componenti delle cellule per evitarne l’ accumulo e per fornire l’energia necessaria per far fronte ai casi di stress cellulare. Inoltre, il team di ricerca ha notato come nelle cavie prive di uno dei fattori di crescita FGF (FGF18), l’autofagia non riusciva ad attivarsi: ciò aveva causato un cattivo funzionamento dei condrociti e dunque difetti nello sviluppo delle ossa. Utilizzando però un farmaco che stimolasse l’autofagia, era possibile un completo recupero del difetto osseo.
Le possibili applicazioni pratiche di questa scoperta potrebbero rivoluzionare la vita di coloro che soffrono di patologie rare dello scheletro, come l’acondroplasia, ma anche di chi è affetto dalle malattie più comuni legate al mantenimento delle funzioni scheletriche anche nella vecchiaia.
Fonte: Telethon
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