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Aurora magazine

Test del DNA: il futuro della ricerca sulla salute

Mappare il DNA può aiutare noi e la nostra famiglia a “prevedere” di che cosa potremmo ammalarci, addirittura prima ancora di nascere: proprio su questo principio si basano infatti i test del Dna fetale.

Attraverso i NIPT (test prenatali non invasivi) è possibile analizzare, mediante un semplice prelievo di sangue della futura mamma, il DNA del nascituro per capire quali sono le probabilità che il feto possa essere affetto dalle patologie cromosomiche più comuni (la sindrome di Down, la sindrome di Edwards e la sindrome di Patau).

Le future mamme possono sottoporsi a questo test non invasivo già a partire dalla decima settimana di gravidanza. Si tratta di un test di screening (non diagnostico) completamente sicuro, che può essere fatto presso strutture private o in centri pubblici che offrono questo servizio in ogni caso a pagamento. Negli ultimi anni questi esami si stanno diffondendo moltissimo anche in Italia, che è tra i primi tre Paesi euro per numero di villocentesi e amniocentesi praticate.

La mappatura del DNA poi può essere fondamentale per cercare di individuare la possibile formazione anche di patologie più comuni, come per esempio il cancro. Dopo gli studi pionieristici degli Stati Uniti, nel nostro Paese sono ormai molte le strutture (principalmente nel nord Italia) in cui viene sequenziato il genoma umano, per cercare di individuare eventuali malattie o fattori di rischio generici. Il test del DNA in questi casi può essere utilizzato per prevenire la comparsa di patologie o per capire il funzionamento del proprio metabolismo.

Fonte: “Quotidiano.net”

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Secondo alcuni studi i NIPT possono rilevare tumori nella madre nelle prime fasi di sviluppo

Secondo alcuni studi i NIPT possono rilevare tumori nella madre nelle prime fasi di sviluppo

Una nuova ricerca, pubblicata su “JAMA Oncology” ha rivelato che il test  prenatale non invasivo, impiegato dalle future mamme per individuare eventuali presenti nel feto, può anche arrivare a individuare un tumore materni in fase iniziale.

Il test prenatale non invasivo (NIPT) è un esame del sangue che analizza il DNA fetale presente appunto nel sangue di una donna incinta alla ricerca di anomalie genetiche, quali la sindrome di Down, la sindrome di Edwards o la sindrome di Patau.

Un team di ricerca del Centre for Human Genetics di Leuven, in Belgio, ha recentemente reso noti i risultati di uno studio su “JAMA Oncology”. I ricercatori hanno identificato tre anomalie genomiche che assomigliavano a quelle che si trovano nel cancro. Le anomalie sono state riscontrate in tre donne che si sono sottoposte a un test prenatale non invasivo, e che sono state indirizzate verso il reparto di oncologia per analisi più approfondite. Due delle tre donne si sono sottoposte a chemioterapia; dopo aver ultimato il trattamento, i loro profili genomici sono ritornati alla normalità. I ricercatori hanno dichiarato che rilevare tre casi di donne con il cancro su 6.000 partecipanti allo studio è in linea con le statistiche generali relative alla popolazione, ma hanno affermato che i NIPT ha permesso loro di rilevare la presenza del tumori in modo precoce e molto prima che si presentassero i sintomi più evidenti. Durante la gravidanza, infatti i sintomi del cancro potrebbero essere “mascherati”; sensazioni di affaticamento, nausea, dolori addominali e perdita di sangue vaginale potrebbero essere interpretati come segnali legati della gravidanza.

Fonte: BBC

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DNA: in fase di studio un nuovo elemento del nostro patrimonio genetico

DNA: in fase di studio un nuovo elemento del nostro patrimonio genetico
Oltre ad adenina, citosina, guanina, timina, metil-citosina, i ricercatori stanno studiano quella che potrebbe rivelarsi essere la sesta base azotata, uno dei “mattoncini” che compone il nostro DNA. Questo sesto elemento è stato denominato “metil-adenina”.  

Le basi azotate sono quegli elementi che, componendosi in migliaia di combinazioni differenti, formano il DNA, garantendo la variabilità genetica. Inizialmente ne furono scoperte quattro: adenina, citosina, guanina e timina; negli anni ottanta a questi quattro elementi, grazie alla ricerca degli scienziati, ne fu scoperta una quinta, la metil-citosina (mC). La metil-citosina è considerata l’elemento che presiede i cosiddetti “meccanismi epigenetici”, per i quali alcuni geni possono disattivarsi a seconda delle necessità fisiologiche dei tessuti. Inoltre, alcuni studiosi hanno riscontrato che la metil-citosina ha un’influenza rilevante nello sviluppo di alcune malattie, tra cui anche il cancro.

Recentemente, due scienziati del Bellvitge Biomedical Research Institute hanno pubblicato una ricerca su “Cell”, in cui teorizzano la possibile esistenza di una sesta base azotata, denominata “metil-adenina” (mA). Anch’essa, come la metil-citosina, presiederebbe meccanismi epigenetici e sarebbe un elemento fondamentale per la vita della cellula. Secondo lo studio, la metil-adenina è presente nel genoma non solo delle cellule primitive (come, per esempio, i batteri), ma anche delle cellule più evolute, tra cui quelle umane. In alghe, vermi e mosche, per esempio, la metil-adenina regola l’espressione di diversi geni ed è molto importante per le cellule staminali e nelle prime fasi dello sviluppo.

Fonte: “Wired” Add a comment

Karyomapping: un innovativo metodo per la diagnosi genetica pre-impianto

Il nuovo metodo, messo a punto dal Centre for Reproductive and Genetic Health di Londra, identifica oltre 200 malattie genetiche. Ed è grazie ad esso che pochi mesi fa è nato Lucas da fecondazione assistita: il piccolo aveva infatti il 50% delle probabilità di ereditare la CMT, una malattia genetica rara della madre.

A Londra alcuni ricercatori hanno recentemente elaborato Karyomapping, un metodo all’avanguardia pensato per la fecondazione in vitro e che ha l’obiettivo identificare – in sole due settimane di analisi – gli embrioni privi di ogni malatia genetica.

Questa nuova metodologia è già stata applicata a un caso di successo: il piccolo Lucas, figlio di Carmen e Gabriel Neagu, è infatti nato sano, nonostante avesse il 50% di probabilità di ereditare dalla madre la Charcot-Marie-Tooth (CMT), una malattia rara che colpisce il sistema nervoso periferico, con perdita muscolare degli arti inferiori e, nei casi più gravi, anche superiori.

I medici avevano informato la coppia che se avessero concepito un figlio in maniera naturale, questi avrebbe presentato il 50% delle probabilità di ereditare la malattia e che avrebbero potuto conoscere il suo stato di salute ed eventualmente interrompere la gravidanza solo alla sedicesima settimana. La coppia ha deciso così di sottoporre gli embrioni al nuovo trattamento di karyomapping, elaborato dai ricercatori del londinese Centre for Reproductive and Genetic Health. Il metodo, che è in grado di identificare circa 200 malattie di natura genetica, è più economico rispetto ad altri strumenti di diagnosi genetica pre-impianto e i risultati sono disponibili già dopo due settimane. Nel caso di Carmen e Gabriel, i ricercatori. Gli specialisti hanno analizzato i campioni di DNA dei due futuri genitori, paragonando le sequenze genetiche in 300 mila punti differenti dei cromosomi: così facendo, sono state identificate le parti del codice genetico connesse allo sviluppo della sindrome. Infine, sono state approfondite alcune ricerche sugli embrioni, utilizzando per l'impianto solo quelli sani.

Fonte: “Il Giornale” Add a comment