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Aurora magazine

Una strana infezione ha svelato un raro tipo di immunodeficienza

Il citomegalovirus (CMV) è un virus comune, che colpisce circa il 90% degli adulti. In gran parte dei casi, è del tutto innocuo e provoca al più un po’ di febbre. Qualche volta, però, si trasforma in un’infezione letale nonostante la persona sia in apparenza sana. Uno studio guidato dal dottor Jean-Laurent Casanova, della Rockefeller University, ha forse svelato il perché.

Il team ha studiato il caso di un uomo iraniano di 54 anni colpito dalla versione letale del citomegalovirus. Il sistema immunitario dell’uomo era in ottime condizione e, in teoria, avrebbe dovuto contrastare il virus senza problemi. Ciononostante, l’uomo non rispondeva alle cure e continuava a peggiorare. A poco più di due anni dalla diagnosi, è quindi inspiegabilmente morto di insufficienza respiratoria.

Gli scienziati hanno analizzato il sistema immunitario e il DNA del paziente, in cerca di una spiegazione. Nonostante le ottime condizioni di salute, l’uomo presentava una rara variazione nel gene NOS2. La mutazione provoca un errore nella codifica del gene, che produce una versione non funzionante dell’enzima. Quando l’enzima non funziona, i macrofagi non sono impotenti di fronte a certi tipi di virus.

Per provare la loro tesi, gli scienziati hanno osservato delle cavie prive di NOS2. Il loro sistema immunitario era in ottime condizioni, in apparenza. A contatto con il citomegalovirus, si dimostrava invece non funzionante. Di fatto, era come se le cavie fossero immunodepresse. Per questo motivo, serviranno nuovi trattamenti concepiti ad hoc per casi del genere.

Fonte: rockefeller.edu

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Il rischio di tumore dell’endometrio dipende da 24 varianti genetiche

La professoressa Emma Crosbie, dell’Università di Manchester, ha analizzato 2.674 estratti e 149 studi scientifici riguardanti il tumore dell’endometrio. Le osservazioni hanno rivelato 24 varianti genetiche forse alla base della malattia. La scoperta aiuterà ad affinare la ricerca di nuovi trattamenti, nonché lo sviluppo di test per la diagnosi precoce.

La ricerca in questione è l’analisi di studi sul tumore dell’endometrio più completa effettuata, ad oggi. I ricercatori hanno analizzato in modo sistematico tutte le varianti genetiche citate, valutando l’attendibilità delle prove e le implicazioni. Ciò ha consentito loro di isolare un numero limitato di varianti genetiche collegate al tumore, individuando quelle con una rilevanza maggiore.

Le varianti più significative sono 19, cui se ne aggiungono 5 di media importanza. Le anomalie toccano i geni HNF1B, KLF, EIF2AK, CYP19A1, SOX4 e MYC. Tutte le varianti sono legate al metabolismo degli estrogeni, alla sopravvivenza cellulare e al controllo delle trascrizioni. Pare invece che manchino prove a sostegno della variante rs2279744 di MDM2, considerata in passato un fattore di rischio.

Presa singolarmente, una variante genetica aumenta pochissimo il rischio di tumore. Quando però cominciano a sommarsi, anche il rischio si moltiplica. Questo vale per diversi tipi di tumore, tra cui anche quello dell’endometrio. Nello specifico, la somma delle varianti citate sopra aumenta di 3,16 volte il rischio di ammalarsi.

A seconda delle varianti presenti nel genoma esaminato, sarà possibile valutare quant’è probabile che la persona si ammali. Ciò faciliterà le eventuali diagnosi precoci e la creazione di trattamenti personalizzati.

Fonte: manchester.ac.uk

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L’obesità danneggia gli spermatozoi, ma non si vede

Uno studio guidato da Taylor Pini, del Colorado Center for Reproductive Medicine, ha analizzato gli effetti dell’obesità sulla fertilità maschile. Le analisi hanno evidenziato differenze nella struttura di 27 proteine contenute nello sperma. Questo nonostante i test clinici non avessero evidenziato alcun problema. Ciò significa che non solo il peso ha un ruolo anche nella fertilità maschile, ma che le analisi cliniche tradizionali potrebbero essere insufficienti.

I ricercatori sono partiti dai campioni di 10 uomini, 5 obesi e 5 normopeso. Tutti i volontari avevano livelli di spermatozoi nella media, motili e con una morfologia normale. Le analisi andrologiche non avevano indicato nessuna criticità che intaccasse la fertilità. Sono stati necessarie analisi più approfondite per individuare importanti cambiamenti biochimici.

I ricercatori hanno identificato 2.034 proteine dello sperma. Nei campioni dei soggetti obesi, 24 mostravano livelli di molto inferiori e 3 livelli di molto superiori rispetto alla media. Le anomalie erano tutte legate a proteine responsabili per il controllo dello stress ossidativo, delle infiammazioni, del danni al DNA. In poche parole, gli spermatozoi degli uomini obesi erano più soggetti a stress ossidativo e infiammazioni.

Secondo gli autori dello studio, potrebbe esserci un legame tra obesità e spermatogenesi, anche se non del tutto chiaro. Un peso troppo sopra la media potrebbe avere gravi conseguenze sulla qualità dello sperma, non tutte visibili con i normali test. Il peso è quindi un tema sensibile non solo per le donne che desiderano dei figli, ma anche per gli uomini.

Fonte: medscape.com

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Un tampone salverà i neonati dalla sordità

Potrebbe bastare un tampone per individuare i neonati che rischiano di diventare sordi. Il team del dottor Bill Newman ha infatti sviluppato un test per diagnosticare l’allergia alla gentamicina. Questo antibiotico salva la vita a circa 90.000 neonati all’anno. In presenza di una particolare anomalia genetica, però, porta alla perdita dell’udito. Il test in questione potrebbe evitare il problema.

Circa una persona su 500 ha una variante genetica che la rende sensibile alla gentamicina. La cosa è nota da 25 anni, ma i test genetici tradizionali richiedono giorni interi. In caso di emergenza, è impossibile dire se il neonato presenti o meno la variante in tempi brevi. I medici si trovano quindi costretti a dare il farmaco salvavita subito, il tutto senza sapere se provocherà la perdita dell’udito nel neonato.

Il nuovo test individua la variante genetica in 20 minuti. I medici prelevano delle cellule con un piccolo campione. A questo punto le analizzano con un macchinario grande quanto un PC, pensato per cercare quella specifica variante. In caso di esito positivo, i medici possono prescrivere una terapia alternativa e salvare l’udito del piccolo.

Al momento, il test è ancora in fase di valutazione. I ricercatori lo stanno testando nell’area di neonatologia intensiva del St Mary’s Hospital, ottenendo già ottimi risultati. Se venisse usato in tutti gli ospedali del sistema sanitario inglese, potrebbe evitare la sordità a più di 180 neonati all’anno.

Fonte: independent.co.uk

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