La sindrome di Ehlers-Danlos è una malattia genetica rara che colpisce il tessuto connettivo. Non si conoscono i suoi numeri esatti, ma si stima che colpisca circa 1 individuo ogni 5.000/20.000, soprattutto donne. Purtroppo la variabilità clinica porta spesso a sottovalutarla e rende la diagnosi più difficile.
La comparsa della sindrome può avvenire a qualunque età. Nei bambini piccoli è più difficile da diagnosticare, poiché la lassità articolare è piuttosto normale fino a una certa età. Uno dei principali sintomi della sindrome di Ehlers-Danlos è infatti un’eccessiva lassità delle articolazioni. Ciò rende la persona più vulnerabile a lussazioni e sublussazioni.
Diversi pazienti manifestano anche cute morbida e ipersensibile, con una tendenza marcata alla ecchimosi. La malattia interessa inoltre anche l’apparato gastrointestinale, provocando disturbi intestinali di vario tipo. Tra le possibili complicazioni legate alla sindrome ci sono dolore cronico, affaticamento, osteoporosi precoce e problemi cardiovascolari.
I genitori di chi ne soffre mostrano spesso una versione lieve dei sintomi. Ciononostante, ad oggi non conosciamo le cause esatte della malattia. Si pensa all'aploinsufficienza della tenascina X, una proteina codificata dal gene TNXB. Anche questo contribuisce a rendere la diagnosi difficile.
Gran parte delle diagnosi si basano sull’osservazione clinica e sulla storia familiare. I medici si concentrano in particolare sull’iperlassità articolare, sulla cute iperestensibile e su un’instabilità articolare ricorrente in famiglia. Per il momento non esistono test di diagnosi prenatale per la sindrome di Ehlers-Danlos.
Purtroppo non esiste una terapia risolutiva per questa malattia, né trattamenti specifici. L’approccio più diffuso è il trattamento dei sintomi mediante terapie personalizzate. Fisioterapia e riabilitazione possono aiutare a contenere i sintomi e sono spesso accompagnati ad antidolorifici.
Fonte: orpha.net