Solo il 10-15% dei parti richiede l’utilizzo del cesareo. Eppure, uno studio della Aga Khan University mostra come i parti cesarei nel mondo siano raddoppiati dal 2000. Un trend preoccupante, dato che la procedura comporta una serie di rischi sia per la madre sia per il bambino. Se non ci sono alternative, questi rischi sono accettabili. Quando però mamma e bambino non hanno problemi, non c’è motivo per sottoporli a quella che rimane una procedura chirurgica.
La dottoressa Marleen Temmerman, autore principale dello studio, si dice preoccupata. Tra il 2000 e il 2015, il numero di parti cesarei è cresciuto del 4%, ovvero 30 milioni di nuovi nati contro i 16 milioni nel 2000. L’aumento di parti cesarei è concentrato nei paesi più ricchi, di solito per fini non medici. In cima alla classifica c’è il Sud-Asia, dove il ricorso alla procedura è aumentato del 6%. I paesi occidentali non sono però da meno.
I parti cesarei sono diffusi soprattutto negli Stati Uniti, in Canada, in Europa e in America Latina. Solo in Nord America, il tasso di parti cesarei è passato dal 24% del 2000 al 32% del 2015. Addirittura, nazioni come Messico e Cuba hanno sfiorato un tasso del 40% di parti cesarei.
Il parto cesareo andrebbe usato solo in caso di urgenze mediche come sanguinamento inspiegato, pressione alta, bambino in una posizione anormale. Invece, negli ultimi anni si ricorre al cesareo anche per ridurre le tempistiche incerte del parto ed evitare i dolori. Questo spiega anche perché l’aumento sia concentrato soprattutto in paesi del primo mondo, nei quali la procedura è disponibile e alla portata di tutti.
Se 6 nazioni su 10 praticano troppi parti cesarei, 1 su 4 ne pratica troppo pochi. La scarsa accessibilità della procedura mette a rischio molte vite di mamme e bambini. Per questo motivo, bisognerebbe rendere il cesarei maggiormente disponibile in certi paesi e operare una sensibilizzazione sui rischi in altri.
Fonte: medicalxpress.com