Il diabete di tipo 2 dipende sia dalle condizioni ambientali sia dalla predisposizione genetica, è noto. Eppure i meccanismi biologici alla base della malattia sono ancora poco chiari. Per questo motivo, gli scienziati dell’Università del Michigan hanno deciso di ampliare il raggio degli studi tradizionali.
Buona parte delle ricerche sul diabete si basa sui dati raccolti tra persone di origine europea. Questo rende più difficile generalizzare i dati raccolti, che non tengono conto di eventuali varianti presenti in altri gruppi etnici. Per questo studio, invece, sono state coinvolte quasi 46.000 persone di tutte le etnie, 21.000 affette da diabete di tipo 2 e 25.000 sane. In questo modo i ricercatori hanno potuto basarsi su campioni più ampi e variegati.
Raccogli i campioni, i ricercatori hanno deciso di ridurre il raggio dell’analisi. Si sono quindi concentrati su una particolare porzione di genoma, quella che codifica per le proteine. Questa parte del genoma si chiama esoma e rappresenta solo il 2% di tutto il nostro codice genetico. Le ricerche tendono a sottovalutarlo, ma molti studi recenti lo stanno riscoprendo con risultati sorprendenti. Questo è uno di quelli.
Grazie a questo approccio, gli autori dello studio hanno trovato delle varianti genetiche legate al rischio di diabete mai osservate, in quanto più rare. Un risultato già di per sé notevole, che però richiederà ulteriori studi e campioni di persone ancora più ampi.
Fonte: focus.it