La malattia di Charcot-Marie-Tooth (CMT) è un disturbo neurologico mutevole, che coinvolge più di 90 geni. Basta un’anomalia in uno solo di questi affinché la malattia si manifesti. Eppure, nonostante la quantità di anomalie coinvolte, i sintomi sono sempre gli stessi. Questo rende la comprensione dei meccanismi biologici coinvolti ancora più difficile. Uno studio guidato dal professor Xiang-Lei Yang potrebbe però aver gettato una nuova luce sul tutto.
Lo studio in questione analizza ciò che c’è in comune tra le diverse mutazioni genetiche. In particolare, si concentra su degli enzimi conosciuti come amminoacil-tRNA-sintetasi. Da quanto è emerso, sono la famiglia di proteine più ampia collegata alla CMT. Secondo i ricercatori, gli enzimi si diffonderebbero in tutto il corpo, attaccando gli amminoacidi e impedendo loro di produrre nuove proteine. Un duro colpo per l’organismo, che bloccherebbe la produzione di sangue, ormoni, ossa.
Per provare la teoria in questione, gli scienziati hanno prelevato dei campioni da un gruppo di pazienti. In questo modo hanno potuto osservare l’azione degli enzimi nel loro ambiente naturale. In un secondo momento, hanno affiancato degli enzimi sani a quelli mutati. Dopo averlo fatto, questi hanno recuperato le loro funzionalità. Ciò però non spiega del tutto il coinvolgimento degli enzimi mutati nella malattia. I ricercatori hanno quindi spostato l’attenzione sulla forma degli enzimi, piuttosto che sulle loro funzionalità.
Gli enzimi mutati hanno una forma diversa rispetto a quelli sani. Sono molto più ampi, con tanta superficie esposta. Ciò li potrebbe esporre a interazioni indesiderate con le proteine vicine, causando i sintomi della malattia. Adesso non resta che esaminare le diverse forme degli enzimi e approfondire la ricerca.
Fonte: scripps.edu