Il virus Zika usa la strategia del cavallo di Troia: prima attacca le cellule immunitarie, poi le usa per diffondersi nel cervello fetale. La scoperta arriva dai ricercatori dell’Università della California, a San Diego, e dai loro colleghi brasiliani.
Durante lo sviluppo dell’embrione, nel sacco vitellino si sviluppato le cellule della microglia, che danno poi origine ai macrofagi. Il loro compito è tenere pulito l’organismo, eliminando agenti dannosi e cellule danneggiate. Il virus Zika dà inizio all’infezione proprio a partire dalle cellule della microglia. Quando queste si diffondono nel sistema nervoso centrale, portano con sé anche il virus e ne facilitano la diffusione.
Come è ormai noto, il virus Zika è innocuo per gli adulti e devastante per i feti. Attacca il cervello in via di sviluppo, uccidendo le cellule staminali neurali e provocando microcefalia. Era però poco chiaro in che modo il virus si trasmettesse e si diffondesse nel cervello fetale. Pare che la risposta sia nel neonato sistema immunitario, usato come cavallo di troia da Zika.
Per testare la loro ipotesi, i ricercatori hanno usato cellule staminali pluripotenti indotte. Hanno creato cellule della microglia e cellule progenitrici neurali, entrambe essenziali dello sviluppo fetale. Hanno quindi imitato il modo in cui i due tipi di cellule interagiscono e le hanno esposte al virus. Le cellule della microglia hanno subito inghiottito il virus Zika per eliminarlo. Il virus è però rimasto attivo e ha usato le cellule della microglia per raggiungere le cellule progenitrici.
Il team ha testato un farmaco chiamato Sofosbuvir, usato contro l’epatite C. Il farmaco limita l’infezione virale e diminuisce il numero di cellule staminali morte. Saranno necessari ulteriori test, ma i primi risultati sono incoraggianti.
Fonte: medicalxpress.com