Il 24 luglio i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC) hanno pubblicato le nuove linee guida sulla Zika in gravidanza. Le linee guida fanno riferimento al contesto statunitense, nel quale l’esposizione al virus è più probabile.
L’aggiornamento arriva in seguito ad alcuni cambiamenti nella diffusione della malattia. La regione delle Americhe dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha segnalato un calo nella diffusione del virus. L’OMS ha inoltre indicato indizi sempre più evidenti della comparsa di anticorpi per la Zika.
Nonostante le notizie positive, i risultati sono difficili da interpretare. Il calo nella diffusione del virus aumenta la probabilità di falsi positivi e gli anticorpi sono individuabili 12a settimane dopo l’infezione. La presenza o meno di anticorpi non aiuta quindi a capire se l’infezione si è verificata prima o durante la gravidanza.
Le linee guida si basano sempre sulla stessa definizione di esposizione al virus. Un soggetto è esposto se viaggia o se vive in un’area interessata dal contagio. Un’ulteriore fonte di rischio sono i contatti sessuali con quanti potrebbero essere stati esposti al virus.
I CDC raccomandano screening prenatali a tutte le donne incinte a rischio di esposizione. Consigliano inoltre di segnalare l’eventuale presenza di sintomi della Zika, come febbre, congiuntivite e dolori articolari. La cosa migliore sarebbe comunque non viaggiare nelle aree interessate e usare il preservativo anche durante la gravidanza.
Il test NAT per individuare il virus è raccomandato in caso di sintomi evidenti nella madre o nel feto. La raccomandazione di routine decade in caso di assenza di sintomi nella puerpera. Se c’è stata una possibile esposizione, è compito della donna decidere se effettuare o no i test.
Gli aggiornamenti mettono l’accento sull’importanza di decisioni prese di comune accordo da madre e medico. Il ginecologo deve tenere conto della situazione della singola paziente, delle sue preferenze e dei suoi valori.
Fonte: medscape.com