Nonostante nel 50% dei casi di infertilità la causa sia l’uomo, gli italiani eludono i controlli sulla propria fertilità. Nelle coppie che decidono di ricorrere alla procreazione medicalmente assistita (PMA), almeno il 25% degli uomini salta la visita dall’andrologo. Una leggerezza frutto di retaggi culturali sbagliati e che aumentano le difficoltà del concepimento.
Gli uomini possono avere problemi di fertilità, nonostante la cosa sia da molti poco accettata. Problemi tra l’altro spesso affrontabili in maniera più facile che con la procreazione assistita. Se le coppie si rivolgessero subito sia al ginecologo che all’andrologo, si eviterebbero circa 8 mila interventi di PMA all’anno. Ciò porterebbe a un risparmio economico di 150 milioni di euro e a un risparmio di fatica e delusioni incalcolabile.
La procreazione medicalmente assistita dovrebbe essere l’estrema ratio in caso di infertilità. Le terapie sono pesanti sia per il fisico che per la mente, specie per la donna. Ciononostante, molte coppie vi accedono saltando la metà dei controlli che sarebbero necessari. Si cercano le cause dell’infertilità nella donna, quando magari sono nell’uomo e sono del tutto trattabili.
Secondo la normativa, possono accedere alla PMA solo le coppie nelle quali entrambi i coniugi hanno problemi certificati. Di fatto, in gran parte dei casi si prendono in esame eventuali problemi maschili solo dopo l’avvio delle procedure. Una scelta che non tiene conto delle statistiche degli ultimi 30 anni, che parlando di un 100% in più dei casi di infertilità maschile.
Fonte: corriere.it