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Aurora magazine

Nuova luce sulle potenzialità della gametogenesi in vitro

Un team dell’Università di Harvard ha studiato le potenzialità della gametogenesi in vitro nella lotta contro l’infertilità. Per il momento, i gameti sono gli ingredienti essenziali per la fecondazione artificiale, quale che sia il metodo scelto. Nuovi studi su modelli animali, però, aprono le porte alla creazione di sperma e ovuli in vitro. L’ipotetico punto di arrivo sarebbe la creazione di embrioni a partire da cellule della pelle.

Lo studio analizza le potenzialità della cosiddetta gametogenesi in vitro. Pur essendo ancora poco più che fantascienza, la ricerca fa ben sperare per una futura applicazione sull’uomo. Se così fosse, si avrebbe una grande arma nella lotta contro l’infertilità. I medici mettono però in luce anche le possibili derive verso eugenetiche, di cui tenere sempre conto.

Gli studi sulla gametogenesi in vitro si basano sulla possibilità di manipolare le cellule staminali. Prendono in esame sia l’uso di cellule staminali embrionali, sia di cellule staminali pluripotenti adulte. In quest’ultimo caso, le cellule staminali vengono create a partire da cellule epiteliali modificate. I primi test sui topi hanno portato alla creazione in laboratorio di ovuli fertilizzabili e di spermatozoi. I ricercatori sono riusciti anche a ottenere embrioni a partire dalle suddette cellule staminali. In questi casi, gli scienziati hanno ottenuto un primo stadio dei gameti in vitro e li hanno impiantati nei topi, affinché concludessero la maturazione prima di proseguire con la fecondazione.

La scienza mostra che la gametogenesi è possibile nei modelli murini. La creazione di un embrione umano mediante questa tecnica è però molto più complessa. Coinvolge infatti un gran numero di fattori pratici ed etici. Da un lato la gametogenesi in vitro aprirebbe le porte della genitorialità anche a chi non ha gameti propri, magari a causa della chemioterapia. Dall’altro, la pratica ha ancora molte implicazioni poco chiare. Uno dei punti più oscuri è l’eventuale creazione di nuovi errori genetici, non individuati con lo screening prenatale ed ereditabili dalle generazioni future.

Per il momento, però, tutte le porte sono ancora aperte. Per avere uno scenario più chiaro di ciò che ci aspetta, saranno necessari ancora anni di ricerche.

Fonte: medicalxpress.com