Uno studio dell’Università di Adelaide suggerisce che la procreazione medicalmente assistita aiuti le donne più adulte a concepire figli più sani. I ricercatori hanno messo a confronto i figli di donne adulte che hanno concepito con la PMA, di donne giovani che hanno concepito con la PMA e di donne adulte che hanno concepito naturalmente. I dati dicono che i bambini nati dal primo gruppo presentano meno difetti congeniti rispetto a quelli degli altri due.
I ricercatori hanno esaminato i dati di 300.000 nascite avvenute tra il 1986 e il 2002 in Sud Africa. Di queste 2.211 sono avvenute mediante fecondazione in vitro, 1.399 con iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo e tutte le altre naturalmente. Senza tenere conto dell’età della madre, il tasso di difetti congeniti è del 7% nel primo gruppo, 10% nel secondo e quasi 6% nel terzo. I dati diventano però realmente rilevanti quando si analizza il legame tra età della madre e rischio di problematiche nel neonato.
Più di una ricerca ha provato la correlazione tra l’età della madre e il rischio di difetti congeniti nel nascituro. Eppure i dati della ricerca dicono che con la fecondazione assistita la correlazione sembrerebbe ridursi. Secondo lo studio, il 6% delle donne fino ai 29 anni che hanno concepito naturalmente hanno dato alla luce bambini con difetti congeniti gravi. Il tasso è dell’8% nelle donne sopra i 40 anni. Con la procreazione assistita, invece, il tasso è del 9% per le donne più giovani e del 4% per quelle più adulte. Ciò significa che la PMA dopo i 40 anni ha portato ad avere bambini più sani.
Il motivo per cui la PMA sarebbe più sicura per le donne dopo i 40 anni è poco chiaro. Potrebbe essere merito dei farmaci usati durante i trattamenti per la fertilità. Questi potrebbero avere infatti effetti diversi in base all’età. Per capire se sia effettivamente così bisognerà però fare ulteriori studi.
L'età e la familiarità con malattie genetiche ed anomalie cromosomiche sono già noti come fattori di rischio. Eventuali anomalie nel feto possono essere rilevate tramite diversi esami di screening prenatale, fra i quali il test del DNA fetale.
Fonte: medicaldaily.com