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Immunodeficienza combinata grave: cos’è e come si manifesta

L’immunodeficienza combinata grave è una malattia congenita rara, caratterizzata da risposte alterate del sistema immunitario. La malattia è ereditata in prevalenza dalla madre. I bambini che ne soffrono sono quasi privi di linfociti T e B, oltre che di altri meccanismi di difesa dell’organismo.

I bambini che soffrono di immunodeficienza combinata grave sono detti anche “bambini bolla”. Il nome deriva dalla necessità di tenere chi ne soffre in una bolla, quasi letteralmente. Un caso emblematico fu quello di David Vetter, che visse per 13 anni in una stanza isolata e priva di germi. Qualsiasi contatto con l’esterno l’avrebbe ucciso, essendo David del tutto privo di difese naturali.

In questa forma di immunodeficienza, il corpo diventa ultra sensibile alle infezioni. Anche il disturbo più banale poò essere letale per chi soffre di questa malattia. In compenso, una diagnosi precoce seguita da un trattamento ad hoc può salvare la vita a molti bambini.

Nonostante l’immunodeficienza combinata grave sia causata da diverse anomalie genetiche, i sintomi sono sempre gli stessi. Il segno tipico della malattia è un aumento della vulnerabilità alle infezioni gravi, come pneumonia, meningite e sinusite. I bambini malati soffrono inoltre una forma cronica di diarrea e sono meno ricettivi ai trattamenti tradizionali. In presenza di tutti questi sintomi, è necessario effettuare il prima possibile i test per la diagnosi.

La diagnosi avviene di solito mediante un esame del sangue. I medici verificano la presenza – o meglio, l’assenza – di linfociti B e T e di anticorpi. Purtroppo la diagnosi precoce della malattia è poco frequente: le prime manifestazioni cliniche compaiono settimane dopo il parto. In questo lasso di tempo, il neonato è venuto in contatto con numerosi germi che potrebbero aver compromesso il suo organismo.

Nel caso in cui i genitori sappiano di essere portatori sani, è possibile effettuare un test del DNA fetale. Ciò permette di intervenire immediatamente e garantisce un futuro migliore al bambino.

Fonte: news-medical.net