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Aurora magazine

Italia prima al mondo nella diagnosi della distrofia muscolare di Duchenne

L'Italia è il primo paese al mondo per la precocità nella diagnosi della distrofia muscolare di Duchenne. Lo afferma uno studio retrospettivo di un team dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. Negli ultimi 10 anni l'età media della diagnosi è stata di circa 41 mesi, con un anticipo di circa 10 mesi rispetto gli altri paesi. Ciò consente di intervenire con trattamenti più precoci e quindi anche più efficaci.

I ricercatori, capitanati dalla dottoressa Adele D'Amico, hanno studiato i dati di 15 centri terziari raccolti in circa 10 anni. Hanno analizzato l'età media della diagnosi di 384 ragazzi italiani rivoltisi a centri terziari neuromuscolari tra il 2005 e il 2014. Oltre che sull'età della diagnosi, si sono concentrati anche sui fattori che hanno portato alla diagnosi finale. Hanno valutato sia quali sono stati i primi segni che hanno portato a sviluppare il sospetto, sia i percorsi usati per arrivare alla diagnosi.

Il primo contatto medico che ha poi portato alla diagnosi si è verificato in media a 31 mesi. Spesso a scatenare il sospetto sono state le analisi di routine, che hanno rilevato livelli sierici elevati di creatinchinasi o di transaminasi. Un altro elemento di sospetto importante è stato il riscontro di un ritardo motorio e di debolezza muscolare. Nel 29% dei casi il primo a sollevare il dubbio è stato il pediatra, nel 35% si è trattato di uno specialista di centri terziari e nel 23% uno specialista di centri ospedalieri di primo livello.

La chiave della precocità della diagnosi sta nella frequenza con cui i pediatri italiani prescrivono certi test in caso di vomito, diarrea o febbre prolungata. Una volta rilevati livelli anomali di creatinchinasi, la diagnosi diventa molto più semplice. All'estero, invece, il test della creatinchinasi è molto meno frequente e questo contribuisce al ritardo diagnostico.

Monitorare la salute dei propri figli è importante. Si tratta di un percorso che la mamma attua già durante il periodo della gravidanza effettuando test di screening prenatale. Esami non invasivi, come ad esempio il test DNA fetale, è utile per la rilevazione delle anomalie cromosomiche più diffuse. 

Fonte: pharmastar.it