Un gruppo coordinato da Mark J. Caulfield, della Queen Mary University di Londra, ha identificato 107 regioni del DNA collegate all’ipertensione. La scoperta potrebbe aiutare a identificare i pazienti più a rischio, proponendo loro dei trattamenti precoci. Faciliterà inoltre la ricerca di nuovi farmaci per contro la pressione alta.
I ricercatori hanno analizzato 9,8 milioni di varianti genetiche, rilevate dal materiale genetico di oltre 420.000 britannici. Hanno quindi confrontato i risultati con i livelli della pressione sanguigna dei soggetti. Dal confronto sono emerse 107 regioni del DNA espresse soprattutto nei vasi sanguigni e nel tessuto cardiovascolare, diffuse tra quanti soffrivano di ipertensione. Queste regioni potrebbero diventare un bersaglio per nuovi trattamenti farmacologici, migliorando la qualità della vita di un gran numero di pazienti.
A partire dai dati raccolti, i ricercatori hanno sviluppato un metodo per identificare i soggetti più a rischio di ictus e malattie cardiovascolari. La tecnica prevede un sistema a punti, che assegna un punteggio di rischio più o meno alto in base a pressione sanguigna e predisposizione genetica. Secondo questo sistema, ogni 10 millimetri di mercurio di pressione sanguigna in più, il rischio può salire anche di oltre il 50%.
Il metodo potrebbe aiutare a identificare i soggetti a rischio fin dai primi anni di vita. Questo consentirebbe loro di adottare lo stile di vita migliore per evitare complicazioni, oltre che di ricorrere a trattamenti personalizzati. In questo modo sarebbe possibile salvare la vita a centinaia di persone, riducendo in maniera drastica il rischio di incorrere in malattie cardiache e ictus.
Fonte: salute24.ilsole24ore.com