Un team del Rensselaer Polytechnic Institute ha usato le tecniche di editing genetico per migliorare la diagnosi della febbre dengue. I ricercatori hanno usato le nanotecnologie per montare alcuni frammenti di DNA, così da realizzare una forma di stella. Questa stella funge da trappola per il virus dengue, che rimane intrappolato tra i bracci. Una volta catturato, il virus viene espulso in maniera naturale e lo si può analizzare.
La nuova tecnica si è dimostrata per il momento efficace. A detta di uno degli autori dello studio, il test potrebbe essere 100 volte più sensibile dei test diagnostici attuali. Consente infatti di individuare il virus fin dal primo giorno di infezione. Soprattutto, gli scienziati sono convinti di poter usare la stessa tecnica per identificare altri virus. Perché?
Per propagarsi, i virus entrano nelle cellule e sostituiscono il proprio DNA a quello originale. Nel 2016, i dottori Robert Linhardt e Jonathan Dordick hanno realizzato un polimero sintetico che si abbina a una sequenza di acido sialico. Il virus, infatti, deve legarsi all’acido per propagarsi nei polmoni. Il polimero riesce quindi a intercettarlo e ad evitare che si diffonda. Il trattamento ha ridotto a un quarto il tasso di mortalità nelle cavie.
I polimeri hanno un difetto: talvolta sono tossici per l’organismo. Gli scienziati hanno quindi cercato una variante più sicura di questo strumento. Allo scopo, hanno usato le nanotecnologie per modificare la struttura del DNA, cercando una forma compatibile con quella del virus dengue. La stella ottenuta si lega al virus e diventa fluorescente, perfettamente visibile nelle analisi del sangue.
Fonte: phys.org