L’analisi dell’esoma potrebbe diventare uno strumento di diagnosi prenatale in molti casi di sospetta anomalia scheletrica. Lo rivela uno studio guidato da Lyn Chitty del Great Ormond Street NHS Foundation Trust di Londra.
Le anomalie scheletriche non diagnosticate interessano circa il 2-5% delle gravidanze. Gli screening prenatali citogenetici e basati sui microarray possono individuarne circa il 40%. Per gli altri tipi di anomalie, la diagnosi rimane ancora complicata. Per questo motivo, il nuovo studio esplora le potenzialità dell’analisi del sequenziamento dell’esoma in feti e genitori.
Secondo un articolo uscito su Genetics Medicine, l’analisi prenatale dell’esoma sarebbe in grado di individuare l’81% dei casi di displasia scheletrica. Se i numeri fossero confermati, si avrebbe quindi un ulteriore strumento per la diagnosi prenatale. In particolare, questa tipologia di test sarebbe utile nei casi di sospette anomalie non confermate.
Lo studio del dottor Chitty fa riferimento a 19 casi di donne britanniche incinte. Le donne si erano sottoposte a test prenatali invasivi, dopo che gli ultrasuoni avevano individuato sospette displasie scheletriche. Di queste, 16 sono andate avanti con il sequenziamento.
I ricercatori hanno usato la piattaforma Illumina NextSeq500 per sequenziare l’esoma dei genitori e il DNA fetale. Nel caso 12, i genitori hanno sequenziato anche il DNA dei fratelli a causa della scarsa quantità di DNA fetale. I ricercatori si sono concentrati sui 240 geni legati alla displasia scheletrica. Un progetto separato del Sanger Institute ha confermato tutti i risultati.
In 13 casi, i ricercatori sono stati in grado di fornire una diagnosi definitiva. Hanno svelato 4 patologie recessive che il feto aveva ereditato, 6 varianti de novo dominanti e 2 varianti patogeniche ereditate dalla madre. L’ultimo caso è stato più complesso. Nei 3 casi rimasti senza diagnosi certa, erano presenti varianti il cui significato era dubbio.
Fonte: genomeweb.com