I ricercatori del Penn Medicine hanno analizzato l’impatto dei test genetici per il genotipo CYP2C19. Secondo lo studio, l’accesso immediato ai risultati del test riduce il ricorso a trattamenti farmacologici inutili.
Uno dei trattamenti più diffusi contro i blocchi arteriosi è l’intervento coronarico percutaneo. Si tratta di una procedura poco invasiva, dopo la quale i medici prescrivono aspirina e farmaci antiaggreganti. In questo modo si evita la formazione di placche all’interno delle arterie. Alcuni pazienti rispondono in maniera negativa a questo tipo di trattamento farmacologico.
Secondo alcuni studi, la risposta inefficace o negativa è collegata a una mutazione del gene CYP2C19. Chi presenta la mutazione dovrebbe ricevere un trattamento farmacologico diverso. I ricercatori hanno quindi inserito il test genetico per la mutazione genetica nel protocollo clinico di 249 pazienti. L’idea era fornire ai loro medici dati immediati sulla presenza o meno di questa anomalia.
Lo studio ha coinvolto 504 pazienti: 249 hanno effettuato il test; 255 che non l’hanno fatto. I pazienti che hanno fatto il test genetico hanno ricevuto i risultati in un giorno. I loro medici l’hanno ricevuto addirittura 90 minuti dopo. Questi ultimi hanno ricevuto inoltre il consiglio di un genetista e alcune raccomandazioni sul trattamento. Una volta analizzato tutti i dati, i medici hanno fatto le loro prescrizioni.
Nel 71% dei casi, i medici hanno seguito le raccomandazioni ricevute dal genetista. Alcuni di loro hanno infatti analizzato anche fattori diversi, che il test non poteva prendere in considerazione. In molti casi, i risultati hanno svelato la necessità di prescrivere trattamenti diversi da quello standard. Il tutto si è tradotto in un numero minore di attacchi di cuore, ictus e morti legate a fattori cardiovascolari.
Fonte: eurekalert.org