I ricercatori del Salk Institute di La Jolla, in California, hanno scoperto come nasce il ritmo. Hanno usato dei mini-cervelli sintetici, ottenuti da cellule staminali per la ricerca sulle malattie neurodegenerative. Grazie a queste nuove informazioni, potranno comprendere meglio malattie come Parkinson, autismo e SLA, che colpiscono i movimenti ritmici.
È ancora poco chiaro come milioni e milioni di connessioni neurali riescano ad assorbire e processare le informazioni. Un cervello umano è troppo complesso per studiarne il funzionamento nel suo insieme. Per questo motivo, gli scienziati hanno bisogno di modelli semplificati, che riproducano solo alcune funzioni di un vero cervello. I mini organi servono proprio a questo: si programmano cellule staminali embrionali per riprodurre segmenti di organi. Nello specifico, i ricercatori hanno ottenuto dei circuiti nervosi chiusi e autosufficienti, per studiare come si genera il senso del ritmo nei neuroni.
Il senso del ritmo è il senso innato che controlla le azioni ripetitive, come ad esempio respirare e camminare. Alcune persone hanno un senso del ritmo più sviluppato, che consente loro di distinguersi in ambito musicale o nel ballo. Anche nei più scoordinati, però, esiste un meccanismo che controlla la respirazione, la capacità di camminare e di masticare. Tutte queste sono infatti azioni ripetitive, che dipendono dall’invio di segnali ritmici da parte dei neuroni. È un meccanismo poco compreso, che quando smette di funzionare provoca malattie come il Parkinson.
I neuroscienziati californiani hanno generato i circuiti nervosi artificiali a partire da cellule nervose del midollo spinale. Ciascuno di questi circuiti conteneva circa 50.000 neuroni e cellule nervose con attività eccitatoria o inibitoria. Cambiando le proporzioni di ciascuna tipologia, i ricercatori hanno rallentato o accelerato il ritmo dei segnali inviati dai circuiti. Secondo gli scienziati il cervello regola così i diversi tipi di attività ritmica, creando dei circuiti complessi ma comunque flessibili. Se si riuscisse a padroneggiare questa stessa strategia, si potrebbero creare nuovi trattamenti contro i disturbi del movimento.
Fonte: ansa.it