Due ricercatrici dell’Arizona State University hanno dimostrato che le mutazioni nel cromosoma Y sono meno significative di quanto ritenuto fino a ora. Fino a questo momento si credeva che l’evoluzione fosse in gran parte dovuta ad anomalie nel DNA maschile. Le ricercatrici hanno però analizzato anche la frequenza e la distribuzione delle mutazioni, giungendo a una conclusione diversa.
Il cromosoma Y ha un tasso di mutazione più alto rispetto al cromosoma X. Ciò significa che presenta un maggior numero di mutazioni, che vengono ereditate e che si ripresentano nelle generazioni successive. In gran parte dei casi questo porta alla comparsa di anomalie cromosomiche in gravidanza, con l’insorgere di malattie anche molto invalidanti. In altri, però, le anomalie si dimostrano favorevoli per la sopravvivenza dell’organismo e contribuiscono all’evoluzione della specie.
Gli spermatozoi sono protagonisti di un gran numero di cicli di replicazione, al contrario delle cellule uovo. È quindi più facile che il genoma si modifichi e trasmetta le mutazioni alla prole. Si pensava quindi che il cromosoma Y avesse un’influenza maggiore sull’evoluzione della specie rispetto all’X. Si presupponeva, però, che Y e X avessero un’analoga distribuzione delle mutazioni lungo il DNA. Pooja Narang e Melissa A. Wilson Sayres hanno scoperto che non è così.
Il DNA dei cromosomi ha delle regioni non codificanti del genoma, per cui i geni sono maggiormente in grado di resistere all’insorgenza di mutazioni. Al contrario di quanto creduto fino a ora, le mutazioni sono meno frequenti vicino al gene e aumentano quando ci si allontana. Inoltre le mutazioni del cromosoma X presentano in media una maggiore frequenza vicino ai geni. Ciò significa che ai fini dell’evoluzione il cromosoma X ha una rilevanza maggiore di quanto si credesse.
Fonte: lescienze.it