I ricercatori del Nemours Children's Health System hanno analizzato l’utilità di un semplice test genetico nel trattamento dell’esofagite eosinofila. Il test permetterebbe di individuare i bambini che rispondono a una particolare classe di farmaci, i PPI. In questo modo sarebbe possibile trattarli fin da subito nel modo migliore per loro.
L’esofagite eosinofila è un’infiammazione dell’esofago che provoca reazioni allergiche certi cibi. Al momento, il trattamento più usato prevede l’uso di PPI, inibitori della pompa protonica. Di solito li si utilizza per trattare le patologie collegate a problemi di acidità. Si calcola però che solo tra il 30% e il 60% dei pazienti affetti da esofagite eosinofila risponda al trattamento. Come individuarli in anticipo? Secondo gli autori dello studio, potrebbe bastare un test genetico.
I ricercatori hanno esaminato i tessuti ricavati da 92 pazienti tra i 2 e i 16 anni. I bambini con alcune varianti genetiche in comune avevano circa 9 volte le probabilità di non rispondere al trattamento. Inoltre, le varianti potrebbero influenzare la maggiore efficacia di certi dosaggi rispetto ad altri. Le varianti influenzerebbero infatti la produzione di determinati enzimi, che renderebbero più o meno difficile metabolizzare il farmaco.
I test genetici permetterebbero sia di decidere se somministrare o no i farmaci, sia in quali quantità. Senza i test, invece, i medici rischiano di prescrivere dosi troppo alte o troppo basse per il fabbisogno reale. Il prossimo passo sarà verificare l’effettiva efficacia dell’approccio su un numero maggiore di pazienti.
Fonte: eurekalert.org