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Aurora magazine

In Australia aumentano le donne incinte che si sottopongono a test prenatali non invasivi

Un numero crescente di donne australiane in dolce attesa ha deciso di sottoporsi a test prenatali non invasivi che, tramite un semplice esame del sangue, sono in grado di individuare la presenza nel feto di malattie cromosomiche, come la sindrome di Down, a partire dalla decima settimana di gestazione.

I medici australiani affermano che nel Paese la domanda di test prenatali non invasivi è aumentata esponenzialmente e il mercato per questo tipo di esami è letteralmente esploso in tutta l’Oceania.

Le donne che presentano un maggiore rischio di trasmettere anomalie cromosomiche al bambino possono sottoporsi a questi test evitando – almeno in un primo momento – le procedure invasive dell'amniocentesi, che presentano un rischio, seppur limitato, di aborto spontaneo. Invece di analizzare cellule attinte dalla placenta o direttamente dal liquido amniotico, infatti, alcuni test prenatali non invasivi individuano e analizzano le tracce di DNA fetale che circolano nel sangue della madre.

Lo screening prenatale è generalmente consigliato per le future mamme che presentano maggiori probabilità di anomalie nel feto (per esempio, le donne che rimangono incinta a un’età superiore ai 35 anni). Oggi anche le donne considerate a basso rischio stanno iniziando a sottoporsi a questo esame, per avere ulteriori informazioni sullo stato di salute del bambino che portano in grembo. È importante sottolineare che il test del DNA fetale non è un esame diagnostico ma dà un risultato probabilistico, che è accurato al 99% e presenta un bassissimo tasso di “falsi positivi”.

Fonte: Yahoo News