Gli ultimi sviluppi della genetica hanno consentito di elaborare test genetici sempre più accurati ed economici. Questa rivoluzione ha cambiato per sempre il volto della diagnosi prenatale, che da alcuni anni si serve dei NIPT (test prenatali non invasivi) per identificare la presenza di malattie genetiche nel feto.
Negli ultimi vent’anni la genetica ha fatto passi da gigante, abbattendo costi e tempi delle analisi del DNA, grazie a tecniche sempre più avanzate. Gli sviluppi della genetica stanno rivoluzionando anche l’ambito della diagnosi genetica prenatale, che in passato prevedeva test piuttosto invasivi per la futura mamma e non sicuri al 100%. Oggi si stanno diffondendo invece i cosiddetti NIPT (test prenatali non invasivi), che analizzano il DNA del nascituro contenuto nel sangue della donna per indagare la presenza o meno di malattie genetiche del feto. Quando, infatti, la percentuale di DNA libero fetale supera il 4% del totale del Dna libero, è possibile effettuare un’analisi di esso mediante tecniche di sequenziamento di seconda generazione, che vanno a ricercare patologie cromosomiche, quali la trisomia 21, la trisomia 18 e la trisomia 13. Nel Nord Italia e, in particolare, a Milano sono già numerose le strutture che forniscono questo servizio.
Secondo i risultati ottenuti su un campione di decine di migliaia di donne in gravidanza che si sono sottoposte a questi test, attualmente l’affidabilità di questa tecnica ha raggiunto per la trisomia 21 il 99% con una percentuale di falsi positivi dello 0,09%, per la trisomia 18 oltre il 96,5% e per la trisomia 13 quasi il 90%.
In Italia, il Ministero della Salute ha recentemente rilasciato alcune linee-guida che riguardano in modo specifico questi test prenatali non invasivi, anche in forza della diffusione di tale tecnica e in vista di possibili sviluppi in futuro per la ricerca di alcune patologie geniche. Le linee-guida ministeriali evidenziano come si tratti di test di screening e non diagnostici, mostrandone i risultati positivi. Qualora i test segnalino la presenza di una patologia, sarà dunque necessario procedere con un test invasivo. Il documento del Ministero infine delinea anche le caratteristiche che devono avere i centri e i laboratori che offrono questi test alle future mamme per garantire la massima sicurezza e serietà delle strutture.
Fonte: Sanità24 – Il Sole 24 Ore