I nuovi test prenatali non invasivi analizzano i frammenti del Dna del nascituro presenti nel sangue materni per identificare eventuali anomalie di carattere genetico del bambino.
I NIPT (ovvero i test prenatali non invasivi) sono in vendita già da alcuni anni e utilizzano tecnologie sempre più accurate, al punto che ormai la loro affidabilità e precisione nell’identifica una patologia come la Sindrome di Down supera quella delle tradizionali amniocentesi. Per questo tali test stanno riscuotendo l’interesse dei sistemi sanitari nazionali di alcuni Paesi europei.
Risale al 1997 la scoperta della presenza del Dna del feto nel sangue materno, ma solo negli ultimi anni è stato possibile sfruttare questa conoscenza, grazie alle tecnologie in grado di sequenziare il Dna con costi e tempistiche contenuti. I primi NIPT sono stati commercializzati negli Stati Uniti negli 2011; attualmente l'Olanda è l’unica nazione ad averli inserite nei servizi offerti dal proprio, ma la Gran Bretagna ha in programma di farlo. Secondo i dati presentati recentemente all'European Society of Human Genetics di Glasgow, i test prenatali non invasivi porterebbero a una diminuzione del numero delle amniocentesi di circa l'80%, senza alcun rischio di aborto.
Anche in Italia il mercato dei NIPT si sta ampliando in modo rapido. Spesso le aziende che offrono questo servizio accompagnano la semplice analisi del Dna fetale nel sangue materno con un’attenta consulenza genetica, all’interno della quale si spiega alla futura madre quali patologie il test può rilevare e il grado di affidabilità del risultato. Quando viene riscontrata un’anomalia, si consiglia alla futura mamma di sottoporsi a un’amniocentesi o a una villocentesi. Si tratta infatti di test e non di test diagnostici.
Fonte: “la Repubblica”