La maggior parte delle donne ad alto o medio rischio scelgono lo screening prentale non invasivo come test secondario per la trisomia 21. Lo rivela uno studio pubblicato online su An International Journal of Obstetrics and Gynaecology. Secondo gli autori, il test del DNA fetale sarebbe usato da gran parte delle donne cinesi per verificare i dati del primo test.
Il dottor Yvonne Kwun Yue Cheng dell’Università di Hong Kong ha seguito un gruppo di donne che si erano sottoposte ai test prenatali. Le donne coinvolte erano state considerate ad alto o medio rischio. Tutte avevano effettuato un test genetico per le trisomie 13, 18 e 21 e per tutte i risultati erano stati positivi.
La procedura standard prevede che un eventuale esito positivo del test genetico sia seguito da un test di conferma. Oltre l’amniocentesi, le opzioni comprendevano anche un test del DNA fetale, preciso e del tutto non invasivo. Le donne erano libere anche di rifiutare ulteriori test.
Delle 347 donne ad alto rischio, il 99% ha scelto di eseguire un ulteriore test di screening prenatale. Di queste 216 (62,2%) hanno scelto il test del DNA fetale. Tra le 614 partecipanti a medio rischio, invece, ben 507 (82,6%) hanno scelto il test del DNA fetale. Tra le 34 donne che avevano eseguito la translucenza nucale, il 21% ha scelto lo screening prenatale non invasivo come secondo test.
In un contesto in cui i tempi di risposta e i costi erano simili, gran parte delle donne ha scelto il test di screening prenatale non invasivo. Ciononostante, secondo i medici la combinazione migliore rimane un test del DNA fetale seguito da una eventuale amniocentesi.
Fonte: medicalxpress.com