È possibile misurare il rischio che il feto sviluppi la sindrome di Angelman con uno screening prenatale non invasivo. Secondo uno studio del Texas Children’s Hospital, basterebbe un test del DNA fetale per escludere la comparsa del disordine.
I test del DNA fetale sono disponibili dal 2011. Li si usa per individuare le anomalie cromosomiche alla base di sindrome di Down, sindrome di Edward e sindrome di Patau. Poiché analizzano il DNA fetale presente nel sangue materno, sono del tutto sicuri sia per la madre che per il bambino. Grazie allo studio, pare che il numero delle malattie individuabili in questa maniera sia appena cresciuto.
I medici usano il test del DNA fetale per verificare l’eventuale presenza di cromosomi di troppo. In più, il test è utile anche per diagnosticare disturbi provocati dall’assenza di parti di cromosomi. I ricercatori texani hanno deciso di verificare se il test potesse predire anche altri disordini.
Hanno analizzato 712 campioni già testati con il test del DNA fetale. Tutti i campioni erano stati catalogati come ad alto rischio di anomalie cromosomiche. Lo scopo era verificare se l’eventuale presenza di falsi positivi e quali fossero i disordini presenti.
I test del DNA fetale non sono riusciti a individuare la presenza della sindrome di Angelman con sufficiente precisione. Lo stesso vale per altri disturbi, come la sindrome di Cri-du-Chat e la sindrome di Prader-Willi. Si sono però rivelati molto efficaci per escludere la presenza della Angelman.
La scoperta è rilevante in particolare per quanti hanno avuto esempi di sindrome di Angelman in famiglia. In questi casi, il test del DNA fetale è in grado di escludere la presenza della sindrome con un precisione vicina il 100%.
Fonte: angelmansyndromenews.com