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Lo screening prenatale per l’epatite C dovrebbe essere universale?

Secondo il team della dottoressa Michelle Rose, lo screening prenatale contro l’epatite C dovrebbe essere universale. Testare tutte le donne invece che solo quelle a rischio sarebbe più efficiente e anche più economico. A provarlo c’è uno studio su quasi 20.000 donne incinte, condotto in più fasi tra il 2014 e il 2017.

Lo screening prenatale universale permette di individuare la malattia in tempi più brevi, così da affrontarla prima e in maniera più efficace. In più, è anche più economico rispetto allo screening basato sul rischio. Nonostante nell’immediato ci sia un costo maggiore, permette di risparmiare moltissime risorse negli anni successivi. A fronte dei $2.905 in più spesi durante lo studio, si sono risparmiati $100.000 in cure dovute a una diagnosi tardiva.

Testare solo le donne a rischio lascia indietro moltissime pazienti positive all’epatite C. L’infezione si sviluppa incontrollata ed è possibile che la donna infetti altre persone. Tutto questo si potrebbe evitare con controlli su tutte le donne incinte, indipendenti dall’entità del rischio. In questo modo si potrebbero iniziare molti trattamenti prima e addirittura prevenire dei contagi.

Lo studio ha coinvolto 19.453 donne tra i 13 e i 52 anni, tutte in cura presso la Norton Healthcare a Louisville. Questa zona è infatti l’epicentro di una tremenda crisi degli oppioidi, che si ripercuote anche su altri aspetti della vita comune. Nello stato del Kentucky, il tasso di giovani donne positive all’epatite C è 10 volte superiore al resto degli Stati Uniti. Non tutte sarebbero considerabili “soggetti a rischio”, il che ha spinto il dottor Rose a offrire il test di screening prenatale a tutte le donne in gravidanza.

Fonte: medpagetoday.com

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