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500 mila DNA al servizio della medicina di precisione

La medicina di precisione fa un nuovo passo in avanti grazie alla UK Biobank, una delle più importanti banche del DNA d’Europa. Al suo interno ci sono i dati del genoma di 500 mila persone, messi a disposizione per la ricerca biomedica. Grazie ad essi, il team del genetista Giuseppe Novelli ha gettato nuova luce su alcune delle più comuni malattie a base genetica. In futuro, le scoperte fatte potrebbero aiutare a identificare i soggetti a rischio di tumori, diabete e malattie cardiovascolari.

Il team dell’Università Roma Tor Vergata si avvalso dei campioni di DNA e non solo. Tra il 2006 e il 2010, i ricercatori hanno raccolto anche campioni di urine e plasma di volontari tra i 40 e i 69 anni. In combinazione con i dati sul genoma, hanno facilitato la divisione della popolazione in strati diversi. In questo modo hanno potuto identificare le fasce della popolazione più a rischio di diabete, infarto e altre patologie. Tutte malattie diverse, per le quali manca uno screening efficaci a livello mondiale.

Fino a oggi gli studi che collegano DNA e fenotipo della persona erano stati condotti solo su piccoli gruppi. Inoltre, riguardavano in prevalenza individui affetti da malattie genetiche o da condizioni particolari. I due studi in questione sono i primi che coinvolgono un numero così ampio di volontari e che tocca un po’ tutti. I ricercatori sono riusciti a individuare circa 96 milioni di marcatori genetici legati a patologie diffuse. Hanno così centuplicato il numero di informazioni legate ad esse.

Uno dei due studi si è concentrato sul genoma di 8.428 persone e sulle risonanze magnetiche di 10.000 persone. Combinando i dati, i ricercatori hanno cercato le varianti genetiche collegabili alla genesi di alcune malattie neurodegenerative. Per la prima volta hanno unito mappe cerebrali, DNA e risonanza magnetica. Il tutto allo scopo di trovare nuovi sistemi di prevenzione e screening.

Lo studio è ancora in corso. Nei prossimi 3 anni, i ricercatori aggiungeranno i dati ricavati dalla risonanza magnetica di altre 70.000 persone. Intendono infatti studiare lo sviluppo e l’invecchiamento del cervello, oltre alle conseguenze lasciate dalle malattie.

Fonte: ansa.it

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