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Aurora magazine

Alzheimer: possibili cause e sintomi

Al giorno d’oggi sono oltre 600.000 gli italiani che soffrono di Alzheimer. Una patologia devastante non solo per coloro che vengono colpiti, ma anche per le persone che stanno loro intorno. Nonostante negli ultimi anni siano stati fatti tanti passi in avanti nella ricerca, molte delle cause sono infatti ancora sconosciute. Ciò rende più difficile non solo trovare dei trattamenti efficaci, ma anche identificare le prime fasi della malattia.

I primi segnali evidenti della malattia di Alzheimer sono piccole dimenticanze, problemi ad orientarsi, difficoltà nel riconoscere le persone. Alcuni soggetti presentano anche disturbi del linguaggio in apparenza minori, come la difficoltà a pronunciare una parola che si ha in mente. Seguono cambiamenti nella personalità, sbalzi di umore improvvisi dall’apatia alla rabbia. Sono tutti segni di qualcosa che si sta deteriorando e che trascinano il soggetto verso una progressiva condizione di isolamento sociale.

Le cause dell’Alzheimer non sono ancora del tutto chiare. Si sa che il rischio aumenta con l’avanzare dell’età, poiché colpisce oltre il 10% di coloro che hanno tra i 65 e i 75 anni. La percentuale sale al 40% quando si parla di ultranovantenni. Alcuni studi suggeriscono un ruolo dei mitocondri in tutto questo, ovvero gli organelli responsabili della respirazione cellulare. I ricercatori avrebbero infatti identificato delle mutazioni genetiche che provocherebbe un funzionamento anomalo dei mitocondri. Il malfunzionamento provocherebbe a propria volta una progressiva degenerazione delle funzioni cerebrali.

Nonostante le tante teorie, ci sono ancora poche certezze sulle cause effettive della malattia. La stessa diagnosi in vivo è ancora una sfida. È infatti facile che si crei confusione tra Alzheimer e demenza senile. In questi casi l’unica diagnosi certa può avvenire post mortem. Ciò rende ancora più difficile intervenire contro la malattia, che quando si palesa ha già intaccato in maniera irreversibile le funzioni cerebrali.

Fonte: sciencedaily.com